L'ottava vita, di Nino Haratischwili
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L’ottava vita, di Nino Haratischwili

L'ottava vita, di Nino Haratischwili

Per raccontare questa storia ho bisogno di partire dalla fine, ovvero da quando Brilka, una ragazzina dei giorni nostri, abbandona il gruppo di coetanei col quale è in viaggio e fa perdere le sue tracce.

E’ la zia Niza, che di quella nipote conosce pochissimo, a doversi occupare di trovarla e riportarla a casa, ma il loro viaggio va contemporaneamente in due direzioni: verso il futuro, in cerca di nuove prospettive, e a ritroso nel tempo per ricostruire la storia di una famiglia, la loro, che ha attraversato un intero secolo della storia della Georgia e della Russia. Ed è proprio attraverso le parole di Niza, raccolte in un lungo e meraviglioso racconto idealmente rivolto a Brilka, che si fa la conoscenza degli Jashi.

Pensare di riassumere il contenuto de L’ottava vita in poche righe sarebbe pretenzioso e probabilmente inutile perché l’impianto narrativo è così articolato da far sì che ogni cosa taciuta possa invece essere rilevante, e ogni cosa rivelata rischierebbe di non avere il giusto risalto.

Quello che segue dunque non è un tentativo di esaurire il contenuto del testo, ma il desiderio di dare qualche spunto con l’augurio di riuscire a renderne la grandezza.

L’ottava vita

Nel 1917, l’anno della grande rivoluzione russa, Stasia Jashi è una diciassettenne georgiana che sogna un futuro da ballerina; il padre però ha altri progetti per lei e oltre a consegnarla in moglie a un tenente che si farà notare più per l’assenza che per la presenza, le fa dono la ricetta segreta di una cioccolata calda capace, a suo dire, tanto di inebriare quanto di condannare chi la sorbisce, e la piccola capisce immediatamente che può davvero esserci una maledizione legata alla bevanda. E’ in quel momento che ha davvero inizio questa straordinaria storia.

I diversi personaggi – cui si unisce un numero importante di corollari – entrano in scena gradualmente, e dopo Stasia si fa la conoscenza di Christine, la sua bellissima sorellastra per la quale si prevede un futuro brillante, e che invece si dovrà confrontare con il dolore più e più volte. Christine è in assoluto il mio personaggio preferito, quello che più di ogni altro è capace di evolversi e stupire: a lei tocca la sorte amara di essere l’amante del Piccolo Grande Uomo, che si comprende essere il capo della polizia segreta Berija (ma il cui nome, come quello di Stalin, non verrà mai nominato fino alla fine del libro) e che le causerà un dolore enorme.

Non ha figli, Christine, a differenza di Stasia che è madre di Kostja e Kitti, integerrimo uomo militare il primo, a sua volta padre di Elene, libera e moderna la seconda, che trova la sua dimensione lontana dalla famiglia e dai gravi episodi che l’hanno segnata e che sarà protagonista, suo malgrado, della fuga di Brilka.

Ma è da Elene, tormentata e fragile, che discende la voce narrante del romanzo: Niza è infatti sua figlia, così come Daria, la mamma di Brilka. Quest’ultimo segmento di famiglia, che accompagna la storia verso la contemporaneità, è quello che dà il senso finale alla lettura.

Sono otto le vite che vengono raccontate e l’ultima, quella della giovane Brilka, è quasi tutta ancora da scrivere. Sullo sfondo un secolo che cambia la faccia del mondo, e le ricostruzioni storiche e sociali di tutto questo lungo periodo andrebbero a mio parere annoverate tra i personaggi, perché sono componenti essenziali per definire il contesto.

Quello che ho raccontato non può che rendere minimamente la grandezza e la complessità de L’ottava vita, un romanzo che vive di relazioni, nel quale il ciclo della vita si rinnova continuamente. Ho avuto tantissimo da questa lettura, che probabilmente non avrei affrontato se non fosse stato per il battage sui social, e che invece profuma di buono come la cioccolata degli Jashi, e che allo stesso modo può confortare e ferire.

Si tratta di un classico contemporaneo? Per me lo è, perché Nino Haratischwili nel riprendere un modello conosciuto e talvolta abusato, che è quello della saga familiare, riesce a stratificarlo in maniera direi atavica, a far sì dunque che chi legge abbia l’impressione di avere a che fare con qualcosa di conosciuto pur essendo totalmente estraneo alle vicende contingenti. E poi, per dirla con le parole di Italo Calvino, è un classico perché “non ha mai finito di dire quel che ha da dire”.

Haratischwili, Nino, L’ottava vita, Marsilio, 2020, traduzione di Giovanna Agabio, pp. 1148, euro 24,00

Nino Haratischwili è nata in Georgia, vive ad Amburgo. Sin da quando era bambina, ha cominciato a scrivere nelle due lingue in cui si sentiva a casa. In Germania, si è costruita un nome come pluripremiata regista e autrice per il teatro, prima di dedicarsi con altrettanta fortuna alla narrativa.
Finalista al Deutscher Buchpreis, il più prestigioso premio letterario tedesco, con L’ottava vita ha scalato le classifiche di mezza Europa e ottenuto importanti riconoscimenti, tra i quali l’English Pen Award.
Tra le sue pubblicazioni: Il mio dolce gemello (Mondadori 2013); L’ottava vita (per Brilka) edito da Marsilio nel 2020.

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